PROVA RIGOROSA PER L’INVIO DI BENI DALL’ITALIA VERSO UN PAESE TERZO PER LAVORAZIONE
Con la pubblicazione da parte dell’Agenzia Entrate della risposta all’interpello n. 855/2021 sono stati forniti i principali chiarimenti in ordine alla prova di uscita dal territorio Italiano di beni destinati ad un Paese terzo, ai fini della lavorazione, senza trasferimento della proprietà.
Anche se l’operazione, sotto il profilo doganale, viene riconosciuta come esportazione definitiva, ai fini IVA non si può configurare come una cessione all’esportazione in regime di non imponibilità ai sensi dell’art. 8 DPR 633/1972.
L’aspetto di maggior rilievo, per il soggetto “esportatore” concerne gli oneri documentali necessari per superare la presunzione di cessione di cui all’art. 1 DPR 441/1997.
Secondo l’Agenzia delle Entrate, non è sufficiente l’emissione di una fattura “pro-forma” per superare la presunzione di cessione.
E’ necessario, invece, fare ricorso alla c.d. “lista valorizzata”, su carta intestata, intesa come:
- documento contabile che descriva i beni spediti con i rispettivi valori da annotare in uno specifico registro tenuto e conservato a norma dell’art. 39 DPR 633/1972;
ovvero, in alternativa:
- documento di trasporto (art. 1 co.3 DPR 472/1996) senza necessità di annotarlo nel suddetto registro, essendo sufficiente la conservazione a norma dello stesso art. 39 DPR 633/1972.
L’ADE evidenzia, ulteriormente, la necessità che l’invio delle merci in un paese extra UE, senza trasferimento della proprietà, non appaia ai fini IVA come cessione all’esportazione ex art. 8 DPR 633/1972; l’operazione infatti non assume rilievo ai fini del Plafond per i soggetti esportatori abituali.
Per questo motivo, la lista valorizzata, presentata dall’esportatore, a corredo della bolletta di esportazione definitiva dovrà essere “invalidata” con la dicitura “: “non valida ai fini dell’art. 8 DPR 633/1972”.
L’interpello in questione si pronuncia anche in merito al trattamento ai fini IVA del servizio di lavorazione reso dal fornitore extra UE.
Trattandosi di servizio generico (art. 7-ter DPR 633/1972) reso da soggetto passivo non stabilito in Italia, il servizio stesso è soggetto ad IVA nel territorio dello Stato, dove è stabilito il committente (Italia).
Qualora il committente Italiano, anteriormente alla reimportazione dei beni in Italia, abbia già applicato l’IVA sulla lavorazione tramite emissione di autofattura, ex art. 17 co. 2 DPR 633/1972, nel momento in cui la merce è reintrodotta nel territorio dello Stato potrà dare prova dell’avvenuto adempimento.
Dall’IVA calcolata in Dogana dovrà essere sotratta l’imposta già assolta per effetto dell’autofattura.
Non è possibile posticipare l’emissione dell’autofattura al momento di arrivo del prodotto finito in Italia se tale momento è successivo al termine entro cui è dovuta l’emissione dell’autofattura per il servizio di lavorazione (ovvero entro il giorno 15 del mese successivo a quello di effettuazione dell’operazione).
Gli eventuali disallineamenti tra la base imponibile del servizio di lavorazione e la base imponibile in Dogana del medesimo servizio dovranno essere regolarizzati mediante l’emissione di note di variazione ai sensi dell’art. 26 DPR 633/1972.
I professionisti di QVADRA rimangono a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.