Ordinanza Corte di Cassazione N. 4099/2024 Del 14/02/2024
Si segnala l’Ordinanza in oggetto indicata, con la quale la Suprema Corte di Cassazione ritorna ad affrontare la questione del valore probatorio delle indagini O.L.A.F. (Ufficio europeo per la Lotta Antifrode) negli accertamenti tributari.
Come noto, l’O.L.A.F. è un organo della Commissione europea che svolge attività d’indagine finalizzata all’individuazione di casi di frode e altri illeciti a danno degli interessi finanziari dell’Unione.
In ambito doganale, particolarmente rilevanti sono le indagini sull’origine delle merci, che hanno lo scopo di intercettare eventuali elusioni/evasioni di dazi antidumping.
La Suprema Corte di Cassazione ha avuto più occasioni per affermare che il rapporto O.L.A.F. non rappresenta, da solo, una prova sufficiente per contestare l’origine delle merci, se non è supportato da ulteriori elementi che confermino l’irregolarità dell’importazione.
Ed invero, anche nell’Ordinanza in commento, la Suprema Corte osserva che il giudice di merito (appello) – investito della controversia sfociata poi nel giudizio di cassazione – nel dichiarare l’inammissibilità del motivo di gravame dedotto dall’Agenzia delle Dogane, volto a stigmatizzare il supposto mancato riconoscimento, da parte del giudice di prime cure, di valenza probatoria al rapporto O.L.A.F., “non ha affatto, (…), disconosciuto la valenza probatoria della relazione O.L.A.F. ma l’ha invero valutata come munita di adeguata vis probatoria, ritenendo però che nel merito essa non contenesse elementi sufficienti a dare prova dell’origine cinese dei tubi in argomento”.
Nello specifico, il giudice di secondo grado così aveva disposto: “pur dovendosi riconoscere ai reports O.L.A.F. una particolare attendibilità, derivante dalla funzione svolta, dal carattere pubblicistico della stessa, dalla specifica competenza nella materia verificata etc., è certo che le affermazioni contenute in tali atti debbono essere suffragate da elementi di prova specifici e non limitarsi alla mera asserzione dell’esistenza di un fatto, rinviando a informazioni e documenti non specificati e non allegati. Diversamente argomentando, si estenderebbe il carattere fidefaciente … ben al di là dei limiti di cui all’art. 2700 c.c. e si attribuirebbe il valore di fonte di prova ad asserzioni non verificate e non verificabili”.
Con ciò, osserva la Suprema Corte, si deve ritenere infondato il motivo di ricorso per cassazione formulato dall’Agenzia, finalizzato a far dichiarare la violazione e falsa applicazione dell’art. 2697 cod. civ., in relazione all’art. 360, primo comma, n. 3 cod. proc. civ., “posto che, per costante giurisprudenza di questa Corte, la fede privilegiata, ai sensi dell’art. 2700 cod. civ. attiene unicamente ai fatti attestati dal pubblico ufficiale come da lui compiuti o avvenuti in sua presenza o che abbia potuto conoscere senza alcun margine di apprezzamento o di percezione sensoriale, nonché quanto alla provenienza del documento dallo stesso pubblico ufficiale ed alle dichiarazioni a lui rese, ma non anche in relazione alla veridicità sostanziale di documenti esaminati dai pubblici ufficiali.
Gli estratti del rapporto O.L.A.F. trascritti dal ricorrente (…) non menzionano specifiche attività di analisi relative ai prodotti acquistati dall’azienda indiana di provenienza cinese, bensì indagini di carattere statistico, report di dichiarazioni di terzi e valutazioni …”.
Da ultimo, la Suprema Corte disattende altresì la tesi difensiva dell’Agenzia, secondo la quale, nel caso di produzione di una relazione O.L.A.F., si invertirebbe l’onere della prova ed insorgerebbe “l’onere della prova contraria in capo al contribuente di provare che la merce ritenuta di origine cinese ai fini dell’applicazione del dazio antidumping sia di diversa origine”.
Sul punto, invero, il Giudice di legittimità ribadisce che “il Diritto dell’Unione esclude che le relazioni o informative O.L.A.F. possano rappresentare da sole un elemento di prova sufficiente a determinare il disconoscimento dell’origine di un prodotto, se contengono solo una descrizione generale della situazione in questione (Corte di Giustizia UE, 16 marzo 2017, Veloserviss, C- 47/16, punti 49 – 50), circostanza che spetta al giudice nazionale valutare (Corte di Giustizia UE, 26 ottobre 2017, Aqua Pro, C407/16, punto 57), come avvenuto nel caso di specie.
Solo, pertanto, ove la relazione O.L.A.F. sia specifica e non generica e, quindi, sia idonea a provare i fatti costitutivi della pretesa tributaria, al pari di qualunque elemento di prova, ancorché sia l’unico elemento a disposizione dell’Autorità Doganale, insorge l’onere della prova contraria del contribuente di contrastare i fatti indicati nella relazione ispettiva”.
I PROFESSIONISTI DI QVADRA
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