Soppressione di dazi e contingenti
Premessa
Gli Economic Partnerships Agreements sono trattati internazionali stipulati tra due o più Stati al fine di promuovere l’interscambio in godimento reciproco di agevolazioni in termini di tassazione e semplificazioni doganali. A tutela degli Stati terzi, gli Accordi devono informarsi al principio di non discriminazione.
La massima espressione della cooperazione internazionale che si realizza per il tramite di questi strumenti normativi è la creazione di una zona di libero scambio, per tale intendendosi un’area nell’ambito della quale non vengono applicati i dazi e sono – quantomeno, tendenzialmente- assenti le barriere tariffarie.
È opportuno evidenziare che gli Accordi commerciali non istituiscono un’unione doganale parificabile a quella dell’Unione Europea. Giammai, infatti, implicano l’adozione di un’unica tariffa doganale o di una comune politica doganale e commerciale nei confronti degli Stati terzi.
Ad onor del vero, tuttavia, queste forme di partnership creano una stretta cooperazione doganale in merito alle regole sull’origine, alle relative procedure volte a contrastarne l’elusione nonché in materia di controlli.
Ebbene, in seno all’Unione Europea gli Accordi di libero scambio sono conclusi, in ossequio all’articolo 207 del Trattato sul funzionamento dell’Unione Europea, principalmente con la finalità di rafforzare le reciproche relazioni economiche, ampliare gli investimenti e gli scambi, ridurre le barriere, favorire lo sviluppo e la sicurezza del mercato nonché accrescere la competitività delle imprese a livello internazionale.
Recentemente, l’Unione Europea ha concluso tali accordi con la Repubblica del Kenya e la Nuova Zelanda.
ECONOMIC PARTNERSHIP AGREEMENT TRA L’UNIONE EUROPEA E LA NUOVA ZELANDA
Parte prima
Era il 30 Giugno 2022 quando si concludevano i 12 cicli negoziali, durati quattro anni, tra l’Unione Europea e la Nuova Zelanda finalizzati alla stipulazione dell’Accordo di libero scambio entrato in vigore lo scorso 1 Maggio 2024.
Con l’entrata in vigore dell’Accordo sono contestualmente venuti meno i dazi su tutte le merci dell’Unione Europea esportate in Nuova Zelanda, ivi compresi quelli applicati ai prodotti alimentari, alle bevande ed ai prodotti industriali.
Sono eliminati o comunque sensibilmente ridotti i dazi all’importazione applicati ai beni neozelandesi importati nell’Unione Europea.
Altresì, i contingenti tariffari hanno subito un innalzamento delle rispettive soglie.
Per effetto della partnership, si stima che le esportazioni dall’Unione Europea alla Nuova Zelanda e gli investimenti possa subire, nel corso di un solo decennio, un aumento rispettivamente di circa il 30% e di circa l’80%.
Quale fautore nella previsione di obblighi sanzionabili aventi ad oggetto il commercio e lo sviluppo sostenibile, l’Accordo è anche definito “gold standard”, quasi a voler sottolineare la natura ambiziosa del progetto sotteso.
Invero, il Capo 19 è riservato alla normazione dei tre pilastri della sostenibilità imprenditoriale: sviluppo economico, sviluppo sociale e protezione dell’ambiente, pur riconoscendo a ciascuna parte il diritto di legiferare in materia, definendo in autonomia le proprie politiche e priorità.
A tal fine, le parti possono fissare dei livelli propri di protezione interna, purché essi siano appropriati e si informino ai princìpi di cui agli accordi e alle norme internazionali menzionate ed a cui viene fatto rinvio espresso.
Il Capo 3 dell’Accordo è, invece, riservato alle regole sull’origine delle merci. Essoprescrive che, ai fini dell’applicazione del trattamento tariffario preferenziale, i beni si considerano originari dell’altra parte purché ivi interamente ottenuti o prodotti a partire da materiali originari oppure ogniqualvolta, sebbene incorporino materiali non originari, soddisfino in ogni caso le prescrizioni in materia di cui all’Allegato 3-B.
Non solo. Per quanto concerne la regola del cumulo, l’articolo 3.3 paragrafo 1 dell’Accordo sancisce che “un prodotto originario di una parte è considerato originario dell’altra se utilizzato come materiale nella produzione di un altro prodotto in tale altra parte”.
In termini di documentazione necessaria ai fini dell’origine, è sufficiente l’autocertificazione da parte delle aziende.
La verifica dell’origine avviene di concerto tra gli importatori e le autorità doganali locali e, se del caso, con la cooperazione delle autorità doganali UE e neozelandesi.
Nonostante l’Accordo, è ammesso l’utilizzo di strumenti di c.d. “difesa commerciale”, quali i dazi antidumping, misure di salvaguardia globali e anti-sovvenzioni. Al contempo, laddove si verifichi un aumento delle importazioni preferenziali tale da causare o minacciare gravi danni all’economia nazionale, troveranno applicazione le misure di salvaguardia bilaterali.
L’Accordo, infine, delinea specifiche misure sanitarie e fitosanitarie, dei sistemi alimentari sostenibili, della tutela degli animali, l’eliminazione delle barriere tecniche al commercio di prodotti appartenenti ad altri mercati, della liberalizzazione degli investimenti e commercio dei servizi, del commercio digitale, del movimento dei capitali e delle misure di salvaguardia temporanee, degli appalti pubblici, della condotta anticoncorrenziale, dei sussidi, delle imprese statali, della proprietà intellettuale, dell’inclusione nell’ambito applicativo dell’Accordo dei prodotti Maori, delle piccole e medie imprese, del settore dell’energia e delle materie prime nonché della risoluzione delle controversie che potrebbero sorgere in merito all’interpretazione ed applicazione delle disposizioni contenute nell’Accordo stesso.
In ultimo, si segnala che le parti si impegnano a scambiarsi periodicamente informazioni in merito allo stato di avanzamento nell’attuazione delle già menzionate finalità.
I PROFESSIONISTI DI QVADRA
Siamo a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.