La tutela dei diritti umani quale limite alle importazioni
L’art. 2 del Trattato sull’Unione Europea, c.d. “nocciolo duro” del diritto dell’Unione Europea, sancisce i valori fondamentali sui quali si fonda l’Unione Europea, ossia: il rispetto della dignità umana, della libertà, della democrazia, dell’uguaglianza, dello Stato di diritto e dei diritti umani.
Tali valori, confluiti nella Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea (c.d. “Carta di Nizza”) adottata nel 2000 dal Parlamento europeo, dalla Commissione europea e dal Consiglio, assurgono a principi giuridicamente vincolanti per l’UE e per gli Stati membri, ai sensi e per gli effetti dell’art. 6 del Trattato sull’Unione Europea.
Nell’ottica di tutelare i diritti umani nonché al fine di attuare una politica commerciale comune, nel 2017 il Parlamento europeo ed il Consiglio adottavano il Regolamento (UE) 2017/821 (recepito in Italia con il D. Lgs. n. 13 del 2021) attraverso il quale introducevano, nell’ambito della supply chain, obblighi di due diligence gravanti sugli importatori di stagno, tantalio e tungsteno, dei loro minerali e di oro, laddove tali beni fossero originari di zone di conflitto o ad alto rischio. In tal senso, si parla di Conflict Minerals.
Ad onor del vero, la due diligence attorno alla quale orbita il Regolamento oggetto della presente disamina ricomprende, non solo l’importatore in quanto tale bensì anche le società minerarie, i commercianti delle materie prime, le fonderie e raffinerie nonché le società che realizzano il prodotto finito.
La ratio sottesa ad una siffatta normativa è quella di garantire la pace, lo sviluppo, la buona governance, la stabilità e lo Stato di diritto contro lo sfruttamento illegale dei minerali e dei metalli, dal quale scaturiscono conflitti tutt’oggi in corso. E’ fatto notorio che i proventi generati dalla commercializzazione dei Conflict Minerals siano potenzialmente utilizzabili per finanziare gruppi armati nelle zone ricche di queste risorse.
L’allegato I del Regolamento (UE) 2017/821, così come modificato dal Regolamento Delegato (UE) 2020/1588 individua specifiche soglie di tollerabilità, al di sotto delle quali i volumi di importazione dei minerali da conflitto non sono interessati dalla normativa.
Ebbene, gli obblighi gravanti sugli importatori hanno ad oggetto: informazioni da fornire –pur salvaguardando il principio della riservatezza delle informazioni commerciali– al mercato e al consumatore (nome, e indirizzo del fornitore e/o raffineria e fonderia, paese di origine, quantità di minerali e metalli estratti e data della rispettiva estrazione, descrizione dettagliata del minerale/metallo, etc.), la tracciabilità dei beni e l’organizzazione interna in termini di gestione del rischio. A tale ultimo proposito, gli importatori sono tenuti ad attuare una strategia di previsione e gestione del rischio, ponendo l’attenzione sugli effetti negativi che l’importazione dei Conflict Minerals può implicare nella catena di approvvigionamento, anche alla luce degli audit eseguiti da terze parti.
Sembra opportuno evidenziare in questa sede che trattasi di auditavente ad oggetto l’insieme delle attività, dei processi e dei sistemi utilizzati ai fini della due diligence da parte dell’importatore. Tale obbligo è derogabile soltanto laddove il report dell’audit sia sostituibile con prove sostanziali sufficientemente idonee a dimostrare la conformità alla normativa.
In ultimo, si segnala che in ossequio al considerando n. 20, all’articolo 11 del Regolamento e all’articolo 5 del D. lgs. n. 13 del 2021, le autorità competenti, chiamate a garantire l’applicazione uniforme della normativa, sono legittimate ad effettuare controlli ex post, ivi comprese le ispezioni in loco presso l’importatore. Tali controlli sono espletabili nei confronti degli “importatori che rientrano nell’ambito di applicazione del regolamento, ivi compresi gli importatori che partecipano ai regimi per l’esercizio del dovere di diligenza riconosciuti, e gli importatori che si approvvigionano da fonderie e raffinerie responsabili globali, che figurano nell’elenco della Commissione di cui all’articolo 9, paragrafo 5, del regolamento.”
Spetta all’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli fornire alle autorità competenti le informazioni, reperite sulla base del c.d. “approccio basato sul rischio”, affinché sia stilato il programma annuale dei controlli ex post. Resta salvo, in ogni caso, il potere delle autorità di procedere indipendentemente dall’Agenzia delle Dogane e dei Monopoli purché ciò avvenga in ragione di comprovate e rilevanti informazioni fornite da terzi.
Qualora sia rilevata un’infrazione, l’autorità competente e procedente, ne dà comunicazione all’importatore prescrivendo le misure correttive e gli specifici adempimenti che questi dovrà adottare sulla base di un piano di attuazione comunicato dall’importatore entro il termine di 30 giorni dal ricevimento della predetta comunicazione e che dovrà attuare senza ritardo e previa approvazione da parte dell’autorità stessa. In mancanza, l’importatore soggiace alla sanzione amministrativa pecuniaria da 5.000,00 Euro a 20.000,00 Euro.
I PROFESSIONISTI DI QVADRA
Siamo a disposizione per eventuali ulteriori chiarimenti.