SENTENZA CORTE DI GIUSTIZIA U.E. 18/04/2024 – CAUSA C-509/22
Si segnala la sentenza in oggetto richiamata, resa a seguito di domanda di pronuncia pregiudiziale, avanzata dalla Suprema Corte di Cassazione italiana con Ordinanza n. 22677 dd.20/07/2022, già oggetto di precedente nostro commento.
Segnatamente, la vicenda concerne un diniego d’abbuono opposto dall’Agenzia delle Dogane, la quale ha disconosciuto la sussistenza del caso fortuito/forza maggiore in una situazione di perdita di prodotto in sospensione d’imposta (alcole denaturato), fuoriuscito da una valvola di un impianto di denaturazione, lasciata aperta da un dipendente della società contribuente durante le operazioni di carico, presente un funzionario dell’Amministrazione, la quale ultima aveva già autorizzato la lavorazione in questione.
L’Agenzia, in particolare, ha valutato che, nel caso concreto, la perdita fosse dovuta alla grave imprudenza/negligenza del dipendente e, quindi, si trattasse di situazione non contemplata dall’art. 4 del D.Lgs. n. 504/1995 (TUA), nel testo ratione temporis vigente, il quale ammetteva l’agevolazione (abbuoni d’accisa per perdite, distruzione e cali dei prodotti in sospensione d’imposta) soltanto per le situazioni di forza maggiore/caso fortuito, alle quali era equiparata la mera “colpa lieve” del soggetto obbligato.
D’altro canto – aveva osservato la stessa Corte remittente – l’intervento innovatore apportato all’art.4 TUA nel 2010 “non ha modificato la sostanza della precedente disciplina (secondo la quale «In caso di perdita o distruzione di prodotti che si trovano in regime sospensivo, è concesso l’abbuono dell’imposta quando il soggetto obbligato provi che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. I fatti compiuti da terzi non imputabili al soggetto passivo a titolo di dolo o colpa grave e quelli imputabili allo stesso soggetto a titolo di colpa non grave sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore»); né la stessa è stata sostanzialmente mutata a seguito del più recente intervento di cui all’art. 1 del d.lgs. 5 novembre 2021 n. 180”.
In particolare – aveva osservato la Corte remittente – la normativa unionale sovraordinata, della quale il TUA costituisce recepimento ed alla quale occorre, quindi, riferirsi per comprendere quale sia la disciplina da accordare all’evento in concreto occorso è – ratione temporis – la Direttiva n.2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise, che ha abrogato la precedente Direttiva 92/12/CEE.
Specificatamente, la disciplina dettata dall’art. 7, par. 4 e 5, del Capo II, Sezione I della Direttiva n.2008/118 – che tratta, appunto, i casi di abbuono – “sembra saldamente ancorata alle sole condizioni del caso fortuito e della causa di forza maggiore, le quali … richiedono un elemento oggettivo («circostanze anomale ed imprevedibili») ed un elemento soggettivo («obbligo di adottare tutte le misure appropriate senza un sacrificio eccessivo») che pare incompatibile con una condotta, invece, carente tanto sull’imprevedibilità quanto sulla necessaria adozione delle precauzioni necessarie, come è quella caratterizzata da colpa”.
Da una tale prospettiva deriverebbe, allora, che “la previsione contenuta nell’art. 4, comma 1, TUA, di equiparare la colpa lieve al caso fortuito e alla forza maggiore finirebbe per individuare una condizione – ancorata al criterio, individuale e soggettivo, della diligenza fornita – aggiuntiva rispetto al caso fortuito e alla causa di forza maggiore quale ulteriore autonoma ipotesi di esenzione dall’imposta in caso di dispersione o perdita. Dalla disamina della complessiva disciplina della direttiva n. 2008/118/CE, invero, non sembrerebbero emergere situazioni nelle quali sia attribuito un rilievo, di portata esimente, al grado della «colpa» dell’autore del fatto o del soggetto attivo”.
Inoltre – affermava il Collegio – “sembra necessario interrogarsi se, una ipotesi come quella prevista dall’art. 4, comma 1, TUA, qui in rilievo, possa o meno essere giustificata alla stregua dell’art. 7, par. 4, ultima parte, della direttiva n. 2008/118/CE dove prevede che la distruzione o la perdita non integrante immissione in consumo sia anche quella che deriva «in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro».
In altri termini, se la suddetta locuzione … consenta agli Stati membri (nella specie, l’Italia) di individuare, con atto normativo e clausole come quella in esame, ulteriori categorie generali di abbuono dell’imposta”.
In tal senso, quindi, la Cassazione aveva ritenuto necessario l’intervento chiarificatore della Corte di Giustizia Europea ex art. 267 T.F.U.E., la quale ultima si è ora pronunciata, con la sentenza in commento, stabilendo expressis verbis che:
“L’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2008/118 deve essere interpretato nel senso che:
esso osta a una disposizione di diritto nazionale di uno Stato membro che equipara in tutti i casi i fatti imputabili al soggetto passivo a titolo di colpa non grave al caso fortuito e alla forza maggiore. Tuttavia, qualora i fatti imputabili a titolo di colpa non grave che hanno comportato la distruzione totale o la perdita irrimediabile del prodotto sottoposto ad accisa siano stati commessi nell’ambito di un’operazione di denaturazione preventivamente autorizzata dalle autorità nazionali competenti, si deve ritenere che tale distruzione o tale perdita si sia verificata in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro interessato, cosicché detta distruzione o detta perdita non deve essere considerata un’immissione in consumo ai sensi dell’articolo 7 della direttiva 2008/118”.
Ed ancora: “L’articolo 7, paragrafo 4, della direttiva 2008/118 deve essere interpretato nel senso che: l’espressione «in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro», di cui al primo comma di tale disposizione, non può essere intesa nel senso di consentire agli Stati membri di prevedere in via generale che la distruzione totale o la perdita irrimediabile dei prodotti sottoposti ad accisa in regime di sospensione dall’accisa non costituisca un’immissione in consumo qualora risulti da colpa non grave”.
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