I.T.V. – ATTO AUTONOMAMENTE IMPUGNABILE EX ART. 19 D.LGS. N. 546/1992 – CORTE DI CASSAZIONE CIVILE – SENTENZE N. 21757 E 21760 DD. 01/08/2024
Si segnalano le omofone sentenze in epigrafe indicate, con le quali la Suprema Corte di Cassazione ha avuto modo di pronunciarsi sulla questione della autonoma impugnabilità ex art. 19 del D.Lgs. n.546/1992 delle I.T.V. (Informazioni Tariffarie Vincolanti).
Come noto, le I.T.V., previste e disciplinate dal Regolamento UE del Consiglio n. 952 del 2013, contenente il Codice doganale dell’Unione (CDU), ratione temporis applicabile ai giudizi de quibus, sono decisioni amministrative con le quali, su richiesta degli operatori interessati, le autorità doganali degli Stati membri dell’Unione attribuiscono la classificazione doganale ad una determinata merce con l’assegnazione del relativo codice di Nomenclatura Combinata (NC) o TARIC.
Specificatamente, l’art. 33, par. 2, del CDU precisa che le decisioni ITV “sono vincolanti (..) per il destinatario della decisione, nei confronti delle autorità doganali, soltanto a decorrere dalla data in cui riceve o si ritiene che abbia ricevuto notifica della decisione”.
Si tratta, quindi, come osserva la Corte, “di decisioni che hanno piena efficacia giuridica su tutto il territorio dell’Unione e vincolano non solo le autorità doganali dell’UE a riconoscere al richiedente dell’ITV il codice tariffario ivi indicato in ordine alla merce per la quale la decisione è stata rilasciata, per tutte le operazioni successive al suo rilascio, ma anche il destinatario della ITV ad utilizzarla a decorrere dalla data in cui la riceve o si ritiene che l’abbia ricevuta.
L’operatore richiedente, pertanto, non può discostarsi dalla classificazione indicata dall’amministrazione in relazione alla merce successivamente importata, se non alla condizione di esporsi ad un avviso di rettifica da parte dell’ADM, ove il codice di classificazione da lui indicato nelle relative operazioni doganali risulti diverso rispetto a quello risultante dalla classificazione contenuta nella ITV”.
Su tali premesse, il Supremo Collegio arriva a sconfessare la tesi dell’ADM – peraltro avallata anche dai giudici di merito – secondo cui sarebbe difettato, nei casi in trattazione, un concreto interesse ex art. 100 c.p.c. della Società contribuente, la quale invero, in nessuna delle bollette d’importazione – successivamente oggetto di ripresa a tassazione – aveva mai dichiarato la specifica I.T.V. rilasciata dall’Agenzia su propria correlata richiesta: in pratica, secondo il ragionamento dell’Agenzia, poiché la I.T.V. non era stata dichiarata nelle bollette d’importazione, la Società contribuente avrebbe potuto vantare “esclusivamente un interesse ad avvalersi, in futuro, della I.T.V.”; inoltre, secondo la tesi erariale, l’I.T.V. “si deve classificare più come atto amministrativo a discrezionalità tecnica che come atto tributario direttamente incidente sulla posizione fiscale del contribuente”, seguendo – con ciò – il regime di impugnabilità degli atti amministrativi.
La Corte – segnatamente – ha inteso dare continuità all’orientamento già espresso con precedente pronuncia n.19998 del 24.07.2019, la quale ha ritenuto autonomamente impugnabile dal contribuente la ITV rilasciata dall’autorità doganale, anche se non rientrante tra gli atti tassativamente elencati dall’art. 19 del D.Lgs. n. 546/1992, “in quanto detta decisione, manifestando la volontà dell’Amministrazione in ordine all’aliquota daziaria applicabile in relazione ad un determinata merce, costituisce una precisa manifestazione della pretesa tributaria esercitata dalla medesima in relazione al prodotto importato.
Ne consegue che la società contribuente aveva un interesse qualificato, ai sensi dell’art. 100 cod. proc. civ., ad impugnare un atto che, proprio per il suo carattere vincolante, era direttamente lesivo del diritto dedotto in giudizio, avendo la ITV l’effetto di incidere su tutte le operazioni successive al suo rilascio con riferimento alla stessa merce per la quale la decisione è stata rilasciata.
Sul punto era, pertanto, irrilevante che le ITV fossero state o meno utilizzate per le specifiche operazioni per le quali erano state richieste, essendo le stesse vincolanti anche per le altre operazioni che la società avrebbe effettuato successivamente, non avendo questa altri strumenti a disposizione per eliminarle”.
D’altronde, il Collegio non ha potuto che osservare come “in tema di contenzioso tributario, questa Corte ha più volte affermato che l’elencazione degli “atti impugnabili”, contenuta nell’art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992, pur dovendosi considerare tassativa, va interpretata in senso estensivo, sia in ossequio alle norme costituzionali di tutela del contribuente e di buon andamento della Pubblica Amministrazione, che in conseguenza dell’allargamento della giurisdizione tributaria operato con la legge n. 448 del 2001. Ciò comporta la facoltà di ricorrere al giudice tributario avverso tutti gli atti adottati dall’ente impositore che, con l’esplicitazione delle concrete ragioni (fattuali e giuridiche) che la sorreggono, porti, comunque, a conoscenza del contribuente una ben individuata pretesa tributaria, senza necessità di attendere che la stessa, ove non sia raggiunto lo scopo dello spontaneo adempimento cui è naturaliter preordinata, si vesta della forma autoritativa di uno degli atti dichiarati espressamente impugnabili dal citato art. 19 del D.Lgs. n. 546 del 1992 (Cass. 11/02/2015, n. 2616; Cass. 11/05/2012, n. 7344; Cass. 25/02/2009, n. 4513; Cass. 08/10/2007, n. 21045)”.
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