La recente istanza di interpello n. 283/2023, ha riesaminato le condizioni che legittimano la non imponibilità della triangolazione all’esportazione (art. 8 co. 1 lettera a) DPR 633/1972).
La fattispecie esaminata è la seguente:
una società italiana, in qualità di promotore, acquista beni presso i propri fornitori italiani con resa EXW o FCA e successivamente vende i beni ai propri clienti, extra UE, dopo aver eseguito test di collaudo; il promotore cura altresì il trasporto per la spedizione dei beni nel territorio extra UE.
In linea di principio l’art. 8, comma 1, lettera a) DPR n. 633 del 1972, assume come requisito essenziale, ai fini della classificazione di una cessione di beni come operazione “triangolare” all’esportazione, la circostanza che il trasporto o spedizione dei beni all’estero avvenga a cura o nome del primo cedente, anche per incarico del proprio cessionario, senza che il cessionario entri in possesso dei beni nel territorio nazionale.
L’interpretazione autentica della suddetta disposizione (art.13, comma 1, L. n. 413/1991), aveva circoscritto la rilevanza delle modalità e dell’intestazione della fattura del trasporto, elevando a prova essenziale di regolarità nella triangolazione la vidimazione apposta dall’ufficio doganale su un esemplare della fattura emessa dal primo cedente nei confronti del promotore della triangolazione, nonché su un esemplare della fattura emessa dal promotore nei confronti del cliente finale, destinatario finale dei beni.
Ancora, i giudici di legittimità (Corte di Cassazione sentenza n. 13951 del 24.06.2011) avevano statuito che ”un’operazione triangolare, per essere considerata come cessione all’esportazione, non presuppone necessariamente che il trasporto dei beni nell’altro ”Stato membro” avvenga ”a cura o a nome del cedente”, in quanto lo scopo della norma è più limitatamente quello di evitare operazioni fraudolente le quali si verificherebbero se il cessionario nazionale potesse decidere di esportare i beni in un altro ”Stato membro” autonomamente, ossia al di fuori di un preventivo regolamento contrattuale con il cedente. Pertanto, ad assicurare il risultato perseguito dalla norma, si rende sufficiente che la consegna al cessionario nazionale sia, per comune volontà, originariamente prevista come cessione per il trasporto e consegna a clienti residenti nell’altro ”Stato membro” e che tale previsione risulti contenuta ed esplicitata in tutta la documentazione relativa alle operazioni in questione”.
L’Agenzia delle Entrate ha ancora una volta ribadito, con riferimento alla fattispecie esaminata (attività di “procurement”) nel citato interpello, l’imponibilità IVA della prima cessione, tra il fornitore nazionale e il promotore della triangolazione non potendosi applicare l’art. 8 comma 1, lettera a) DPR 633/1972 in quanto il cessionario nazionale acquisisce sempre la disponibilità dei beni nel territorio dello Stato.
I PROFESSIONISTI DI QVADRA
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