Dal cartaceo al digitale: storia e destino del Documento Amministrativo Unico
Correva l’anno 1985 quando, per la prima volta, sulla Gazzetta Ufficiale delle Comunità europee (serie L 79 del 21 marzo 1985) veniva pubblicato il Regolamento (CEE) n. 679/85 del Consiglio del 18 febbraio 1985 che determinò l’adozione del formulario di dichiarazione da utilizzare negli scambi di merci all’ interno della Comunità.
Il citato Regolamento introdusse agli allegati I e II i primi esemplari di modelli detti “COM”, utili alle dichiarazioni in dogana per le merci destinate ad altri Stati membri che all’epoca erano, oltre all’Italia, Spagna, Danimarca, Germania, Grecia, Inghilterra, Francia, Olanda e Portogallo.
Quattro mesi più tardi, il Regolamento (CEE) n. 1900/85 del Consiglio dell’8 luglio 1985 istituì i modelli comunitari di dichiarazione d’esportazione e d’importazione, stabilendo all’articolo 2 che le dichiarazioni riguardanti l’esportazione definitiva o temporanea o la riesportazione di una merce fuori del territorio doganale della Comunità e la spedizione da uno Stato membro a un altro di una merce non rispondente alle condizioni di cui all’articolo 9, paragrafo 2, del Trattato [di istituzione della Comunità Economica Europea] dovessero essere compilate su un formulario EX corrispondente al modello di formulario COM stabilito conformemente al regolamento (CEE) n. 679/85. Allo stesso modo l’articolo 3 determinò che le dichiarazioni riguardanti il vincolo ad un qualsiasi regime doganale di una merce importata nel territorio doganale delle Comunità e il vincolo ad un regime doganale a destinazione di una merce non rispondente alle condizioni di cui all’articolo 9, paragrafo 2, del trattato, nel quadro di uno scambio tra due Stati membri dovessero essere compilate su un formulario IM corrispondente al modello del formulario COM stabilito conformemente al regolamento (CEE) n. 679/85.
Furono questi i formulari a rappresentare per primi le sembianze di quel Documento Amministrativo Unico (DAU) nato per semplificare le formalità doganali, generare un impatto positivo sullo sviluppo degli scambi internazionali di merci e incitare le imprese a concepire la propria attività su una più vasta scala europea ed intercontinentale.
Da quel momento in poi i modelli grafici prefincati collocarono in caselle numerate progressivamente, la cui compilazione era riservata al dichiarante/rappresentante, tutti gli elementi utili alla dichiarazione delle merci da sottoporre a controllo doganale; nel modello venivano inoltre dedicate quattro caselle identificate mediante ordine alfabetico, la cui compilazione era riservata ai funzionari pubblici (“A” per l’Ufficio di Spedizione, “B” per i dati contabili, “C” per l’Ufficio di Partenza e “D” per il Controllo dell’Ufficio di partenza). Già allora era stato predisposto un formulario relativo ai “dati di testata” e un formulario complementare riportante i dati relativi a “singoli successivi al primo” laddove la dichiarazione riguardasse più tipi di merci classificabili in codici doganali differenti.
Il dichiarante sottoscriveva i modelli con firma autografa prima della presentazione, attribuendo così al formulario compilato valore di dichiarazione doganale. I campi del DAU potevano essere compilati con macchina da scrivere oppure, sempre più frequentemente, con sistemi informatici di scrittura e stampa. Le stampanti ad aghi dovevano essere in grado di calcare numerose copie del DAU realizzato in carta chimica copiativa, onde consentire a ogni parte in causa di trattenere una propria copia della bolla doganale al termine del processo di sdoganamento. Gli Uffici doganali, che d’innanzi annotavano i principali dati dichiarati in appositi registri cartacei per poter accettare la dichiarazione ed attribuirle valore di bolletta doganale con un proprio numero progressivo, iniziarono ad incaricare funzionari meccanografi presso le prime sezioni doganali informatizzate di ricopiare ogni elemento inserito nella dichiarazione, inserendone manualmente i dati nel gestionale doganale.
Fu così che, con circolare n. 100 del 31 marzo 1988[1] del Ministero Finanze, Dogane e Imposte Indirette, venne introdotta per la prima volta la possibilità per gli operatori di presentarsi in dogana con un support magnetico (floppy disk) contenente i dati riportati nella dichiarazione doganale, ordinati secondo un apposito tracciato dei record come indicato dalla stessa direzione doganale con apposite circolari tecnico-operative. Presso la meccanografia delle dogane i dati venivano quindi letti nei dischetti dai computer e caricati automaticamente nel sistema doganale valorizzando i campi della maschera informatica con una notevole abbattimento dei tempi e degli errori di copiatura manuale. Compito del funzionario divenne quindi quello di verificare la rispondenza dei dati caricati automaticamente nel terminale, prima dell’invio della dichiarazione al sistema doganale che attribuiva numero bolletta ed esito del circuito doganale di controllo.
L’impostazione embrionale dettata dalla circolare citata al paragrafo precedente venne sostituita e perfezionata con successiva circolare ministeriale del 18/10/1990 n. 266[2] che esplicitava nuove modalità di presentazione delle dichiarazioni doganali su supporto magnetico e al contempo richiamava l’attenzione degli uffici sulla maggiore fiducia accordata agli operatori che si presumeva producessero con i dischetti informatici dati speculari a quelli indicati sui supporti cartacei. Laddove, di contro, si fossero ravvisate discrepanze, i capi delle dogane erano chiamati ad escludere dalle procedure informatiche gli operatori nei cui confronti venivano riscontrate delle irregolarità e gli stessi venivano inoltre segnalati al capo dell’allora compartimento doganale, oppure al Ministero, per i provvedimenti del caso[3].
Un ulteriore fase significativa di modernizzazione informatica fu data dall’avvio, a partire dall’anno 1996[4], del dialogo telematico a distanza fra dogane e operatori per il tramite del sistema EDI (Electronic Data Interchange) che, in attuazione delle previsioni del nuovo Codice Doganale Comunitario (CDC)[5] e delle relative disposizioni attuative (DAC)[6], consentì – previa apposita adesione scritta da parte degli operatori da inviare al Ministero – la presentazione delle dichiarazioni doganali mediante procedimenti informatici, basati essenzialmente sullo scambio elettronico di dati strutturati in messaggi, alle condizioni e secondo le modalità determinate dall’autorità doganale, nonché nel rispetto dei principi stabiliti dalla regolamentazione doganale. Poiché non erano ancora stati risolti taluni problemi sia tecnici che giuridici relativi all’utilizzo del c.d. sigillo o firma elettronica, permaneva tuttavia l’obbligo di presentare la dichiarazione inviata mediante EDI anche su supporto cartaceo con firma autografa utilizzando i nuovi formati del DAU introdotti dal DAC. La possibilità di firmare digitalmente le dichiarazioni doganali fu poi introdotta a partire dal 2003[7] attraverso una nuova procedura di adesione al sistema telematico doganale che rilasciava apposite credenziali agli operatori che ne facevano richiesta, per la generazione della propria firma digitale.
Nel frattempo, un ulteriore significativo passo in avanti per l’efficientamento informatico dei controlli che portò con sé migliorie esattive ed un contestuale risparmio di risorse, fu compiuto con l’attivazione del c.d. canale verde, ossia la procedura avviata sperimentalmente nel novembre 1998 a livello locale e poi estesa a tutte le dogane italiane a partire da gennaio 1999 che si avvale di un metodo di controllo dei dati forniti con dichiarazione doganale basato sull’analisi dei rischi ed integrato da elementi di casualità. L’analisi dei rischi valuta gli elementi a disposizione acquisiti meccanograficamente in rapporto alla normativa e alla tariffa doganale, nonché ai regimi doganali richiesti dal dichiarante. Questo strumento di fatto iniziò ad affidare al sistema informatico il raffronto degli elementi indicati nel DAU con i parametri di rischio esistenti nel sistema producendo una scala di riferimento che permette al sistema di decidere automaticamente il circuito di controllo da applicare: nessun controllo – in vero un controllo automatizzato – controllo documentale, oppure controllo fisico. Il costante affinamento dell’analisi dei rischi permette ad oggi di eseguire un controllo automatizzato per circa il 95% delle dichiarazioni doganali con sempre crescenti margini di miglioramento sotto il profilo dei controlli tributari ed extra-tributari grazie alla interoperabilità dei sistemi a livello unionale.
Fonte: https://www.nomenclature-encoder.online/it/arrivederci-amore-dau-parte-prima-le-origini/
[1] prot. n. 1207/II Min. Finanze – Dogane e Imposte Indirette
[2] Circolare n. 266 del 18/10/1990 – Min. Finanze – Dogane e Imposte Indirette “Utilizzazione di supporti magnetici del tipo “Floppy disk” per lo scambio dati con gli utenti presso le sezioni doganali informatizzate”
[3] Punto 6 della Circolare n. 266 del 18/10/1990 sulle “Avvertenze finali”
[4] Con Circolare del 27/12/1995 n. 333 del Ministero delle Finanze Dipartimento delle Dogane Dir.centrale: AA.GG.Personale Servizi Inform.e Tecn. Ispettorato 4 “Utilizzazione dell’EDI (Electronic Data Interchange) per la presentazione delle dichiarazioni doganali”
[5] Regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio, del 12 ottobre 1992, “che istituisce il codice doganale comunitario”. Rifusione in un testo unico di 28 atti legislativi diversi in materia doganale.
[6] Regolamento (CEE) n. 2454/93 della Commissione, del 2 luglio 1993 “che fissa talune disposizioni d’applicazione del regolamento (CEE) n. 2913/92 del Consiglio che istituisce il codice doganale comunitario”. Rifusione in un testo unico di 76 provvedimenti di diritto derivato.
[7] Con circolare Agenzia Dogane n. 69/D del 3 dicembre 2003 Prot. 3906
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