La Corte di Cassazione, con la recente ordinanza 37271/2022, ha chiarito che, in caso di furto della merce destinata all’esportazione, l’operazione è soggetta ad IVA in Italia, se la sottrazione della merce in questione è avvenuta, dopo la consegna al vettore incaricato, in territorio italiano.
La fattispecie si differenzia da quella oggetto di esame da parte della Corte di Giustizia dell’Unione Europea, la quale, in un caso di merce rubata da un deposito doganale prima dell’immissione in consumo, ne ha escluso l’assoggettabilità ad IVA (sentenza 14 luglio 2005, causa C-435/03, BAT International Ltd).
La Corte, in tale occasione, ha infatti affermato che “il furto di merci non costituisce una «cessione di beni a titolo oneroso» ai sensi dell’art. 2 della direttiva e non può dunque, in quanto tale, essere soggetto all’IVA“.
Diversamente, la cessione della merce poi oggetto di furto da parte di ignoti, si è perfezionata, sia ai fini civilistici, sia ai fini IVA, in Italia, non ricorrendo i requisiti che consentono di qualificare l’operazione come una c.d. cessione all’esportazione esente.
Giova a tal proposito che le operazioni esenti IVA, si caratterizzano – a differenza delle operazioni “escluse” o “fuori campo IVA” – per il fatto che sono senz’altro rilevanti ai fini dell’imposta, ma nel caso non vi restano assoggettate purché l’immissione in consumo del bene, o la fruizione del servizio, avvengono nello Stato c.d. “di destinazione”: sono quindi operazioni non imponibili perché l’imposta viene di regola assolta in quest’ultimo Stato (nell’ambito delle operazioni di sdoganamento) e non in Italia.
Orbene, ai sensi dell’art. 1510 c.c., in caso di vendita di cose mobili da trasportare da un luogo ad un altro, la consegna al vettore o allo spedizioniere segna il momento traslativo del diritto di proprietà (Cass. 13377/2018), il che vale anche ai fini IVA, posto che l’art. 6, comma 1, D.P.R. 633/1972, stabilisce in linea generale che “Le cessioni di beni si considerano effettuate […] nel momento della consegna o spedizione se riguardano beni mobili“.
Pertanto, nell’ipotesi di furto della merce durante il trasporto, stante il perfezionamento della cessione sia a fini civilistici sia a fini fiscali, il rischio incombe sull’acquirente, nuovo proprietario. In tal senso, non trova giustificazione il mantenimento dell’esenzione di una operazione (di cessione all’esportazione) che – benché senza colpa – non s’è potuta compiutamente realizzare.
Del resto, l’assoggettamento ad IVA, in casi simili, non ha alcuna valenza (lato sensu) sanzionatoria, sicché il riconoscimento dell’esenzione non può finire con l’assumere un significato “premiale”: infatti, non viene in rilievo alcun comportamento fraudolento, ma v’è solo l’esigenza di adeguare il trattamento fiscale di un’operazione che, non potendo trattarsi in esenzione, per non sussisterne i presupposti, non può che rientrare nell’egida degli artt. 1 e 2 del D.P.R. 633/1972.
Il cedente, a fronte della scoperta del furto, deve dunque dovuto procedere alla rettifica della fattura, addebitando l’imposta al cessionario.
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