(ORDINANZA CORTE DI CASSAZIONE CIVILE, SEZ. 5, 20/07/2022, N. 22677)
Si segnala l’Ordinanza in oggetto richiamata, che ha avuto modo di affrontare, per la prima volta, la portata dell’art. 4 del D.Lgs. n. 504/1995 (TUA) – il quale detta la disciplina degli abbuoni d’accisa per perdite, distruzione e cali dei prodotti in sospensione d’imposta – in rapporto alla sovraordinata normativa unionale.
Nello specifico, la vicenda trae origine da un diniego d’abbuono opposto dall’Agenzia delle Dogane, la quale ha disconosciuto la sussistenza del caso fortuito/forza maggiore in una situazione di perdita di prodotto in sospensione d’imposta (alcole denaturato), fuoriuscito da una valvola di un impianto di denaturazione, lasciata aperta da un dipendente della società contribuente durante le operazioni di carico, presente un funzionario dell’Amministrazione.
L’Agenzia, in particolare, ha valutato che, nel caso concreto, la perdita fosse dovuta alla grave imprudenza/negligenza del dipendente e, quindi, si trattasse di situazione non contemplata dalla norma agevolativa in questione, la quale ammette – nel testo ratione temporis vigente (art. 4, comma 1 TUA, come modificato dall’art. 1 del D.Lgs. n. 48/2010) – l’agevolazione, sì, in caso di perdita irrimediabile o distruzione totale di prodotti che si trovino in regime sospensivo, ma soltanto – appunto – per le situazioni di forza maggiore/caso fortuito, alle quali è equiparata la sola “colpa lieve” del soggetto obbligato.
D’altro canto – osserva la stessa Corte – l’intervento innovatore apportato all’art. 4 TUA nel 2010 “non ha modificato la sostanza della precedente disciplina (secondo la quale «In caso di perdita o distruzione di prodotti che si trovano in regime sospensivo, è concesso l’abbuono dell’imposta quando il soggetto obbligato provi che la perdita o la distruzione dei prodotti è avvenuta per caso fortuito o per forza maggiore. I fatti compiuti da terzi non imputabili al soggetto passivo a titolo di dolo o colpa grave e quelli imputabili allo stesso soggetto a titolo di colpa non grave sono equiparati al caso fortuito ed alla forza maggiore»); né la stessa è stata sostanzialmente mutata a seguito del più recente intervento di cui all’art. 1 del d.lgs. 5 novembre 2021 n. 180”.
In pratica, il soggetto obbligato, per poter ottenere l’abbuono dell’imposta in conseguenza della perdita o distruzione di prodotti in sospensione d’imposta causati dalla commissione di un fatto ad opera di terzi, non può limitarsi a dimostrare che l’evento è stato determinato dal fatto umano ascrivibile a questi ultimi, ma è tenuto a provare di non aver concorso con dolo o di non aver cooperato con colpa al suo verificarsi; ipotesi, quest’ultima, che si realizza allorquando, senza il comportamento gravemente colposo dell’obbligato, il fatto non si sarebbe verificato o si sarebbe verificato in modo diverso. Parimenti, il soggetto obbligato deve dimostrare – in ipotesi di fatti causativi della perdita/distruzione dei prodotti in sospensione, compiuti ex se – di averli commessi con colpa lieve.
In particolare – osserva la Cassazione con l’Ordinanza in commento – la normativa unionale sovraordinata, della quale il TUA costituisce recepimento ed alla quale occorre, quindi, riferirsi per comprendere quale sia la disciplina da accordare all’evento in concreto occorso è – ratione temporis – la Direttiva n. 2008/118/CE del Consiglio del 16 dicembre 2008, relativa al regime generale delle accise, che ha abrogato la precedente Direttiva 92/12/CEE.
Specificatamente, la disciplina dettata dall’art. 7, par. 4 e 5, del Capo II, Sezione I della Direttiva n.2008/118 – che tratta, appunto, i casi di abbuono – “sembra saldamente ancorata alle sole condizioni del caso fortuito e della causa di forza maggiore, le quali … richiedono un elemento oggettivo («circostanze anomale ed imprevedibili») ed un elemento soggettivo («obbligo di adottare tutte le misure appropriate senza un sacrificio eccessivo») che pare incompatibile con una condotta, invece, carente tanto sull’imprevedibilità quanto sulla necessaria adozione delle precauzioni necessarie, come è quella caratterizzata da colpa”.
La disciplina dettata dal citato art. 7, peraltro, non sembra discostarsi da quella contenuta nell’art. 14, par. 1, della precedente direttiva 92/12/CEE del Consiglio del 25 febbraio 1992, né da quella di cui all’art. 6, par. 5, del Capo II, Sezione 1, della direttiva n. 2020/262 del Consiglio del 19 dicembre 2019, che stabilisce il regime generale delle accise (rifusione) ed ha abrogato, a decorrere dal 13 febbraio 2023, la direttiva n. 008/118/CE.
Da una tale prospettiva deriverebbe, allora, che “la previsione contenuta nell’art. 4, comma 1, TUA, di equiparare la colpa lieve al caso fortuito e alla forza maggiore finirebbe per individuare una condizione – ancorata al criterio, individuale e soggettivo, della diligenza fornita – aggiuntiva rispetto al caso fortuito e alla causa di forza maggiore quale ulteriore autonoma ipotesi di esenzione dall’imposta in caso di dispersione o perdita. Dalla disamina della complessiva disciplina della direttiva n. 2008/118/CE, invero, non sembrerebbero emergere situazioni nelle quali sia attribuito un rilievo, di portata esimente, al grado della «colpa» dell’autore del fatto o del soggetto attivo”.
Inoltre – afferma il Collegio – “sembra necessario interrogarsi se, una ipotesi come quella prevista dall’art. 4, comma 1, TUA, qui in rilievo, possa o meno essere giustificata alla stregua dell’art. 7, par. 4, ultima parte, della direttiva n. 2008/118/CE dove prevede che la distruzione o la perdita non integrante immissione in consumo sia anche quella che deriva «in seguito all’autorizzazione delle autorità competenti dello Stato membro». In altri termini, se la suddetta locuzione … consenta agli Stati membri (nella specie, l’Italia) di individuare, con atto normativo e clausole come quella in esame, ulteriori categorie generali di abbuono dell’imposta”.
In definitiva, quindi, la Cassazione ha ritenuto sussistente, nel caso concreto, una situazione che richiede l’intervento chiarificatore della Corte di Giustizia Europea ex art. 267 T.F.U.E..
Del resto, è agevole osservare che, se la finalità delle disposizioni in commento è quella di impedire l’ingresso nel circuito commerciale di prodotti dei quali non sia possibile verificare l’effettiva dispersione/distruzione e, quindi, l’eventuale evasione d’imposta, appare altrettanto vero che situazioni come quella in esame, nella quale la distruzione è stata addirittura verificata da un funzionario dell’Amministrazione presente all’evento, potrebbero essere ragionevolmente collocate, se non nell’alveo del “caso fortuito/forza maggiore”, quantomeno in quelle “situazioni particolari” e residuali che l’Amministrazione potrebbe “autorizzare” alla stregua dell’art. 7, par. 4, ultima parte, della direttiva n. 2008/118/CE.
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